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L'educatrice
Un caffè con Maria Montessori, pedagogista, scienziata e medico, ideatrice del metodo educativo montessoriano
24 maggio 2024
L'educatrice
“Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo.”
Questa frase, che bisognerebbe ripetere come un mantra ogni mattina al risveglio, è l’epitaffio che Maria Montessori volle nel luogo dove fu sepolta, a Noordwijk, nei Paesi Bassi, nel maggio del 1952.
Il dizionario Treccani, alla voce “educare” spiega che il verbo arriva dal latino educĕre “trarre fuori, allevare”. L’esatta definizione di quanto Maria(all’anagrafe Maria Tecla Artemisia) realizzò nella sua intensa vita, iniziata a Chiaravalle nell’agosto del 1870.
È curioso osservare come in quell’anno Vittorio Ellena, funzionario ministeriale prima e deputato poi, aggiornò i dati di un’inchiesta redatta trent’anni prima, dove si evinceva che il lavoro minorile (e anche femminile) più che una piaga era una grande risorsa. Le innovazioni tecnologiche incalzanti non avevano più bisogno del “lavoro nerboruto” di operai maschi e si prediligeva quindi l’attenzione minuta che le mani di bambini e donne offrivano in esclusiva. Sicuramente anche perché il lavoro femminile veniva retribuito la metà di quello maschile e a cascata quello minorile. Fatto sta che nel 1870, si diceva, il 62% della popolazione maschile sopra i 6 anni era analfabeta.
Lo sguardo che Maria volse al mondo dei bambini non fu quello della compassione caritatevole bensì quello della pedagogista, della scienziata e del medico. Non intese i piccoli provenienti dalle famiglie più disagiate, sia in campagna che nelle periferie urbane, come mera forza lavoro, da sfruttare e abusare, ma come esseri umani in divenire ai quali dedicare il massimo rispetto. Si laureò infatti in medicina nel 1896, quinta donna in Italia, e nello stesso anno partecipò attivamente al “Congresso internazionale sui diritti delle donne” a Berlino. Oltre 125 anni fa già si lottava per il diritto delle donne ad avere pari opportunità di istruzione e retribuzione.
Costruì la prima casa per bambini a Roma nel 1907: le avevano affidato l’arduo compito di educare quei bambini considerati ineducabili, i “frenastenici”, figli di “genti sperse accomunate solo da miseria e malaria”. Ideò così il suo “metodo”, adattando mobilia e suppellettili alle reali dimensioni dei bimbi e inventando diversi materiali didattici per aiutarli ad imparare attraverso il gioco. La base del metodo Montessoriano, infatti è costituita dall’apprendere attraverso tutti i cinque sensi. Un successo incredibile tanto che nel 1926 fu necessario organizzare il primo corso di formazione per i 180 docenti che avevano abbracciato il suo metodo definito “rivoluzionario”.
Nel 1913 negli Stati Uniti era già stata definita la donna più interessante d’Europa e i suoi metodi divennero modelli mondiali nell’istruzione, ma fu proprio quanto stava accadendo nel vecchio continente che le sconvolse la vita: nel 1934 i regimi fascista e nazista chiusero tutte le sue scuole e Maria dovette fuggire in India dove, allo scoppio della guerra, fu internata fino al 1946, quando rientrò in Italia, per poi trasferirsi nei Paesi Bassi.
Me lo sono immaginata infinite volte un caffè con questa “rivoluzionaria gentile” dal sorriso dolce e dalla volontà di ferro ogni qualvolta che al bar pagavo con una banconota da mille lire e so già dove saremmo andate a parare. Mi avrebbe
sottolineato che solo nel 1959 l’Assemblea Generale dell’ONU adottò la Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo e che solo trent’anni più tardi, nel 1989, fece altrettanto con la Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata dalla Svizzera solo nel 1997.
Perché solo un bambino amato, rispettato ed educato alla pace potrà tutto, anche costruire un mondo migliore.
ANNA MARIA PELLEGRINO
Gastrònoma e foodblogger.
Ama la bella cucina e narrarla alle persone.
Per il magazine Goppion ha curato nel 2022 la rubrica “Le Colazioni di Anna Maria”, nel 2023 ci ha portato a fare il giro del mondo con “Il caffè degli altri” e per questo 2024 ci racconta la storia di 12 donne attraverso una tazzina di caffè nella rubrica “Donne&Caffè”